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Il pentito Moscato accusa gli “amici” di Vincenzo Barbieri

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Processo “Golden Jail” a Vibo, il collaboratore spiega i rapporti fra i “Piscopisani” ed il gruppo del narcotrafficante ucciso a San Calogero. Fiumi di denaro, con giovanissimi accusati di intestazione fittizia di beni

di GIUSEPPE BAGLIVO

Deposizione del neo collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, killer per sua stessa ammissione del clan dei “Piscopisani”, stamane a Vibo Valentia dinanzi al Tribunale collegiale nell’ambito del processo nato dall’operazione antimafia denominata “Golden Jail”, scattata ad opera della Dda di Bologna nell’aprile 2011 con il sequestro di beni per 10 milioni di euro, riconducibili per l’accusa a Vincenzo Barbieri – ucciso a San Calogero il 12 marzo 2011 – ed a Francesco Ventrici, 43 anni, già condannati per narcotraffico nell’operazione “Decollo”. Il troncone processuale relativo all’intestazione fittizia di autovetture di lusso e grossa cilindrata, fra Mercedes da 70mila euro e Porsche Cayenne da 130mila euro, è stato trasferito per competenza territoriale da Bologna a Vibo Valentia, mentre nel capoluogo emiliano è rimasto il processo, solo in parte a carico dei medesimi imputati, per le contestazioni relative all’intestazione fittizia di beni immobili. Cinque gli imputati, tutti a piede libero, sotto processo a Vibo: Marika Aiello, 31 anni, (avvocato Giovanni Vecchio); Concetta Santacroce, 27 anni (avvocato Francesco Muzzopappa); Giuseppe Fortuna, 31 anni (avvocato Muzzopappa); Bruno Cortese, 38 anni (avvocati Giuseppe Di Renzo e Patrizio Cuppari); Vincenzo D’Amato, 40 anni (avvocato Vincenzo Pugliese). Gli imputati, tutti di Vibo Valentia, sono accusati (i primi quattro) di aver fatto da prestanomi al narcotrafficante Barbieri nell’intestazione fittizia della Merdes Ml, il quinto di un Porsche Cayenne.

Il pentito. “Collaboro dal marzo 2015 – ha spiegato Raffaele Moscato rispondendo in videoconferenza al pm della Dda Camillo Falvo – , da quando sono stato arrestato per l’omicidio di Fortunato Patania di Stefanaconi. Appertenevo al clan dei Piscopisani che oltre a Piscopio estendeva la propria influenza anche su Longobardi, Bivona, Portosalvo e Vibo Marina. Ho commesso omicidi, estorsioni, tentate estorsioni, reati in materia di droga e danneggiamenti. Ho iniziato a collaborare con la giustizia perchè volevo cambiar vita, desideravo una vita normale. Ho frequentato l’area di Bologna poiché lì si trovava Rosario Fiorillo di Piscopio che era detenuto agli arresti domiciliari. Rosario Battaglia, pure lui di Piscopio, aveva invece un bar a Bologna in società con i fratelli Davide e Sasha Fortuna. Ho abitato personalmente a Bologna – ha continuato Moscato – e lì ho conosciuto Vincenzo Barbieri che era un grosso narcotrafficante amico sia dei fratelli Fortuna che di Rosario Battaglia. Barbieri si è sempre messo a disposizione dei Piscopisani quando al nostro gruppo serviva qualcosa, anche in materia di sostanze stupefacenti. Per un certo periodo di tempo, Vincenzo Barbieri ha trafficato droga pure per conto dei Mancuso di Limbadi. Negli ultimi tempi,però, i suoi uomini più fidati erano  Giuseppe Topia, Antonio Franzè, Antonio Della Rocca, detto “Spillo”, e Filippo Paolì, tutti di Vibo Valentia e che io ho conosciuto tutti personalmente”.

Gli incontri a Bologna. Raffaele Moscato, rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo, ha quindi sottolineato che il clan dei Piscoopisani acquistò nel 2009 dieci chili di cocaina da Vincenzo Barbieri, con Antonio Franzè, alias “Platinì” che, a detta del collaboratore, trasportò la droga in auto sino a Piscopio. “Ho conosciuto Barbieri – ha ricordato Moscato – in un ristorante di Bologna e lui stesso ha offerto a noi di Piscopio una cena. Sono anche stato nel suo bar di Bologna denominato “Montecarlo”, gestito da una ragazza di nome Claudia e dal suo fidanzato. A Bologna ho conosciuto pure Francesco Barbieri, figlio di Vincenzo. Lo stesso Vincenzo Barbieri era fidanzato all’epoca con Marika Aiello che io ho visto al ristorante insieme a Barbieri e poi l’ho incontrata nel locale Pecora Bianca a Vibo”. A specifica domanda del pm, il collaboratore ha quindi detto di aver appreso solo in carcere da Antonio Franzè che Barbieri era solito intestare parte dei suoi beni a Marika Aiello (per il processo a Bologna il pm ha chiesto per la giovane l’assoluzione), ma riguardo l’uso di una Mercedes Ml ha specificato di aver saputo che la stessa era stata usata “dal fidanzato di Claudia del bar Montecarlo di Bologna per scendere a Vibo”. Tale Mercedes, secondo Moscato, sarebbe appartenuta sia a Vincenzo Barbieri che al suo presunto braccio-destro Giuseppe Topia.

tribunale vibo valentia
Tribunale Vibo Valentia

Milioni di euro da Vibo in Emilia Romagna. “Erano Filippo Paolì e Antonio Franzè a nascondere i soldi in contanti, a volte due milioni di euro, altre volte tre milioni, altre volte un milione e mezzo, all’interno di alcuni barattoli poi occultati all’interno di diverse macchine con le quali, con una cadenza quasi mensile, venivano trasportati da Vibo a Bologna a Vincenzo Barbieri per le sue esigenze personali. Il gruppo di Barbieri era pieno di soldi – ha sottolineato Moscato – erano tutti pieni di soldi ma ultimamente lo stesso Barbieri secondo Antonio Franzè non era più cauto come un tempo nel gestire gli affari”. Sarebbe stato per tale motivo, ad avviso del pentito Moscato, che Antonio Franzè, alias “Platinì”, si sarebbe ulteriormente avvicinato al gruppo dei Piscopisani, tanto da venire “battezzato” in carcere nella ‘ndrangheta ad opera dello stesso Raffaele Moscato e di Rosario Battaglia. Il pentito ha infine detto di non ricordare i nomi di Vincenzo D’Amato, Bruno Cortese e Concetta Santacroce, ma di ricordare invece il nominativo di Giuseppe Fortuna “detto Cacà – ha spiegato il collaboratore – e che aveva un’A3 nera”. Il giovane all’epoca, secondo la Dda di Bologna e la Squadra Mobile, era fidanzato con Concetta Santacroce, la ragazza che, stando alla testimonianza del sostituto commissario della Squadra Mobile di Bologna, Pescatore – resa nelle precedenti due udienze del processo – era stata fermata dalla polizia all’aereoporto bolognese con 15mila euro in contanti in un borsone. La ragazza (Concetta Santacroce), secondo il commissario Pescatore che ha condotto sul campo buona parte dell’inchiesta, nell’occasione si sarebbe giustificata con la polizia spiegando che il denaro proveniva dai propri risparmi personali. Gli inquirenti, che in occasione delle perquisizioni trovarono nell’abitazione a Vibo di Concetta Santacroce anche un bossolo esploso di pistola prelevato sul luogo dell’omicidio di Vincenzo Barbieri a San Calogero, sostengono invece che i 15mila euro dovevano essere consegnati a Vincenzo Barbieri per le proprie esigenze personali.

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ESCLUSIVO |‘Ndrangheta, il pentito Moscato in Assise a Catanzaro (AUDIO)

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I retroscena della guerra di mafia del Vibonese dalla viva voce del collaboratore che ha deposto nel processo “Gringia” sulla faida fra i clan di Stefanaconi e Piscopio

Collegato da una località protetta, in video-conferenza con la Corte d’Assise di Catanzaro, il collaboratore Raffaele Moscato, 30 anni, ha risposto alle domande del pm della Dda, Camillo Falvo. In questo primo stralcio audio, il pentito ripercorre la genesi dello scontro fra le opposte consorterie mafiose e gli affari illeciti – dalle estorsioni alle alleanze criminali – commessi sin dal 2010.

ASCOLTA L’AUDIO: MOSCATO E LE ORIGINI DELLA FAIDA

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ESCLUSIVO |‘Ndrangheta, Moscato: “Così volevano tagliare la testa a Scarpuni” (AUDIO)

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Il collaboratore di giustizia racconta in viva voce al pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo, nel corso del processo “Gringia” i preparativi del fallito agguato al boss Pantaleone Mancuso

Nel secondo stralcio audio, il pentito Raffaele Moscato, collegato da una località protetta, in video-conferenza con la Corte d’Assise di Catanzaro, ripercorre una delle fasi più concitate della guerra di mafia che ha insanguinato il Vibonese: dalla mancata pax tra i Piscopisani ( di cui lui era affiliato) e il clan Patania di Stefanaconi al fallito attentato al boss di Limbadi Pantaleone Mancuso detto “Scarpuni”. In attesa del controesame della difesa, vi proponiamo uno stralcio della deposizione fornita dal pentito al pm Camillo Falvo. In foto in alto, da sinistra verso destra: Rosario Battaglia, Raffaele Moscato e Rosario Fiorillo, detto “Pulcino”. 

ASCOLTA L’AUDIO: MOSCATO, DALLA PACE MANCATA ALL’AGGUATO FALLITO A SCARPUNI

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ESCLUSIVO |‘Ndrangheta, Moscato: “Piscopisani e Bonavota volevano colpire i Patania” (AUDIO)

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Nuove rivelazioni del pentito Raffaele Moscato nel corso della deposizione fornita in Corte d’Assise a Catanzaro nell’ambito del processo “Gringia”

Nuovi stralci audio delle dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia vibonese, Raffaele Moscato, in Corte d’Assise a Catanzaro nel corso del processo nato dall’operazione antimafia denominata “Gringia” contro il clan Patania di Stefanaconi. Collegato da un sito riservato, rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo, il pentito ha svelato i rapporti tra i Piscopisani e il clan dei Bonavota di Sant’Onofrio, soffermandosi in particolare sui progetti di morte ai danni di alcuni elementi della famiglia Patania.

ASCOLTA AUDIO MOSCATO SUI RAPPORTI TRA I PISCOPISANI E I BONAVOTA

ASCOLTA AUDIO MOSCATO E IL TENTATIVO DI UNA TREGUA CON I PATANIA

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ESCLUSIVO |‘Ndrangheta, Moscato e il “tradimento” di “Cacazza” (AUDIO)

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Dettagli inquietanti sull’evoluzione della faida tra i Patania e i Piscopisani quelli forniti dal pentito la deposizione in Corte d’Assise nel processo “Gringia”

La più cruenta guerra di mafia nel Vibonese negli ultimi decenni. Una guerra senza esclusioni di colpi, quella condotta dalla famiglia Patania per vendicare la morte del capostipite Nato, e sostenuta da Pantaleone Mancuso che voleva liberarsi dei Piscopisani, “rei” di aver di gran lunga ridimensionato nel tempo il suo potere nel controllo del territorio provinciale. In questo stralcio audio Raffaele Moscato,  rispondendo in Corte d’Assise a Catanzaro alle domande del pm Camillo Falvo, ripercorre i tentati omicidi di Francesco Calafati e Francesco Meddis, entrambi di Stefanaconi, e il ruolo di un certo Fortuna alias “Cacazza”, ufficialmente vicino ai Patania, ma sottobanco capace di fornire ogni dettaglio sui loro spostamenti alla cosca avversa.

ASCOLTA AUDIO MOSCATO SU TENTATI OMICIDI CALAFATI E MEDDIS E TRADIMENTO CACAZZA 

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ESCLUSIVO |‘Ndrangheta, il pentito Moscato: “Così hanno ucciso Scrugli” (AUDIO)

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Nuove rivelazioni del collaboratore di giustizia che racconta in Corte d’Assise a Catanzaro, nell’ambito del processo “Gringia”, quanto accadde la sera del 21 marzo 2012 a Vibo Marina

E’ il 21 marzo del 2012: in una palazzina del quartiere Pennello a Vibo Marina viene assassinato Francesco Scrugli. Un omicidio “eccellente” compiuto nell’ambito della faida tra i Piscopisani e i Patania di Stefanaconi che, a cavallo tra il 2011 ed il 2012, ha insanguinato le strade del Vibonese. Quella sera Scrugli non era il solo obiettivo. Insieme a lui c’erano anche Rosario Battaglia, all’epoca 27enne, e Raffaele Moscato, allora 30enne. Entrambi riuscirono a scampare all’agguato rimanendo feriti.

Mauro Graziano Uras
Mauro Graziano Uras

Un racconto cruento. A quasi quattro anni, il pentito Moscato descrive nei dettagli quanto accadde in quella drammatica serata. Lo fa rispondendo in Corte d’Assise a Catanzaro alle domande poste dal pm della Dda Camillo Falvo nell’ambito del processo nato dall’operazione antimafia denominata “Gringia”. Raffaele Moscato racconta la dinamica dell’omicidio e la disperata fuga, individua i presunti autori e sottolinea: “E’ stato Uras, quello con la faccia da giostraio”

 

ASCOLTA L’AUDIO: MOSCATO/8, “COSI’ HANNO UCCISO FRANCESCO SCRUGLI”

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ESCLUSIVO | Omicidio in spiaggia, Moscato racconta l’agguato a Davide Fortuna (AUDIO)

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Il pentito risponde alle domande del pm Camillo Falvo e parla dell’ultimo efferato delitto della faida tra i Piscopisani e i Patania:”Le donne fuggivano con i bambini”

Una guerra a colpi di kalashnikov durata nove mesi quella che contrappose la famiglia Patania di Stefanaconi, sostenuta dal boss di Nicotera e Limbadi, Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, e i Piscopisani. Tanti i morti avvenuti in diversi agguati. Ma fu indubbiamente il delitto sulla spiaggia di Vibo Marina quello capace di suscitare maggiore indignazione. Davide Fortuna venne ucciso dinanzi allo sguardo impietrito della moglie e dei suoi figlioletti in uno dei primi pomeriggi estivi.

ASCOLTA L’AUDIO: MOSCATO RACCONTA L’AGGUATO A DAVIDE FORTUNA

 

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‘Ndrangheta: il fratello del pentito Moscato e la latitanza di Salvatore Tripodi

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Carabinieri e poliziotti hanno delineato al Tribunale di Vibo il ruolo di Leonardo Francesco Moscato e Francesco Muggeri nell’assistenza all’ex latitante catturato a Zambrone

di GIUSEPPE BAGLIVO

E’ stata oggi la volta di tre testi nel processo a carico di Leonardo Francesco Moscato, 23 anni, di Vibo Marina, fratello dell’attuale collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, e di Francesco Muggeri, 65 anni, di Zambrone, accusati di aver favorito la latitanza di Salvatore Tripodi, il 45enne di Portosalvo arrestato dai carabinieri della Stazione di Zungri il 30 luglio 2015 con un blitz in contrada “Madama” nel comune di Zambrone. Chiamato a deporre dal pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo, l’ispettore Giovanni Catanzaro, attualmente in servizio al commissariato di Serra San Bruno, ma all’epoca dei fatti in forza alla Squadra Mobile di Vibo Valentia, ha spiegato in aula di aver depositato il 22 settembre 2015 un’informativa su Leonardo Francesco Moscato, attuale imputato.

raffaele moscato
Raffaele Moscato

La protezione ai familiari del collaboratore. “Nei confronti dei familiari del collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, che aveva iniziato a collaborare nel marzo 2015 dopo essere stato arrestato quale esecutore dell’omicidio del boss di Stefanaconi, Fortunato Patania, la polizia – ha spiegato in aula l’ispettore – aveva attivato un servizio di protezione. In particolare, la madre di Raffaele Moscato ed il fratello Leonardo Francesco Moscato erano stati portati in una località protetta, ma dopo pochi giorni Leonardo Francesco Moscato si era allontanato dalla stessa per ritornare a Vibo Marina. Non rispondendo più alla madre al telefono ed essendo quest’ultima preoccupata per il figlio, come polizia abbiamo rintracciato Leonardo Francesco Moscato invitandolo a ritornare nella località protetta, cosa che lui ha accettato chiedendoci però di poter prima avere un colloquio con il fratello Raffaele. Tale colloquio è avvenuto il 30 marzo del 2015 e noi l’abbiamo intercettato e registrato. Dai dialoghi captati – ha continuato l’ispettore Catanzaro – è emerso che Leonardo Francesco Moscato aveva invitato il fratello Raffaele a desistere nel continuare a collaborare con la giustizia.

Leonardo Francesco Moscato

La lettera di “dissociazione” alla Gazzetta. “All’epoca – ha riferito il teste in aula – Leonardo Franceco Moscato (in foto a sinistra) era fidanzato con Laura Sicari di Paradisoni di Briatico che, secondo le nostre indagini, era quella che faceva confluire le informazioni del clan Tripodi allo stesso Leonardo Francesco Moscato. Il padre della Sicari lavora in un villaggio-ristorante di Briatico e la ragazza si è spesso intrattenuta in tale locale dove abbiamo constatato degli incontri con alcuni soggetti che riteniamo vicini ai Tripodi e di cui abbiamo annotato anche le autovetture con le quali sono arrivati”. L’ispettore Giovanni Catanzaro ha quindi ricordato che l’1 agosto del 2015 la Gazzetta del Sud “ha pubblicato una lettera di Leonardo Francesco Moscato in cui lo stesso si dissociava dalla scelta del fratello Raffaele di collaborare con la giustizia”. Infine, il teste ha ricordato di aver controllato  in auto nel 2015 Leonardo Francesco Moscato in compagnia di Francesco Fortuna (zio di Davide Fortuna, ritenuto elemento di primo piano del clan dei Piscopisani ed ucciso nel luglio 2012 sulla spiaggia di Vibo Marina) ed Ippolito Fortuna, entrambi di Vibo Marina, unitamente ad altre cinque persone. Tale controllo era avvenuto nei pressi di un bar di Vibo Marina in epoca successiva all’avvio della collaborazione con la giustizia di Raffaele Moscato.

Salvatore Tripodi
Salvatore Tripodi

Il blitz dell’Arma nel “covo” del latitante TripodiE’ toccato poi al maresciallo Alessandro Cirillo, in servizio alla Stazione di Zungri dal luglio 2014, spiegare al Tribunale le fasi della cattura del latitante Salvatore Tripodi in contrada “Madama” di Zambrone. Rispondendo alle domande del pm Camillo Falvo e poi a quelle delle difese (avvocato Giuseppe Bagnato per Muggeri, avvocati Domenico Anania e Rosa Giorno, quest’ultima in sostituzione dell’avvocato Anselmo Torchia, per Leonardo Francesco Moscato), il teste ha riferito in aula che i carabinieri di Zungri avevano avuto notizia della possibile presenza del latitante Tripodi nella zona di Zambrone. Dopo aver individuato il possibile nascondiglio, i militari dell’Arma hanno cinturato l’abitazione alla quale hanno anche bussato senza però ricevere alcuna risposta. Arrivato nel frattempo a bordo di un motorino Leonardo Francesco Moscato, lo stesso è stato fermato appena sceso dal mezzo e mentre si avviava nella casa in cui si nascondeva Salvatore Tripodi, quest’ultimo ricercato dal marzo 2015 quale mandante (insieme ai Piscopisani Battaglia e Fiorillo) dell’omicidio del boss di Stefanaconi Fortunato Patania.

Fortunato-Patania
Fortunato Patania

Leonardo Francesco Moscato è stato sorpreso dai carabinieri con in mano un vassoio contenente tre caffè. Non ricevendo valide spiegazioni dal ragazzo circa la destinazione dei caffè, i militari dell’Arma della Stazione di Zungri – in tutto 6 carabinieri – hanno quindi deciso di abbattere la porta dell’abitazione all’interno della quale hanno trovato il latitante Salvatore Tripodi in compagnia del figlio minorenne. Dentro l’appartamento sono state anche trovate le chiavi dell’abitazione, nonchè la somma in contanti di 3.500 euro detenuti dal latitante.

Francesco Muggeri
Francesco Muggeri

Successivi accertamenti hanno poi portato i carabinieri ad appurare che l’appartamento che ha ospitato il latitante appartiene a Francesco Muggeri, 65 anni, di Zambrone. Il teste ha infine ricordato tre importanti controlli sul territorio fatti dai carabinieri nei confronti di Leonardo Francesco Moscato e che per l’accusa sono rilevanti ai fini della dimostrazione della vicinanza dell’imputato alla “famiglia” dei Tripodi di Portosalvo. In data 28 ottobre 2012, il giovane fratello del pentito Raffaele è stato infatti fermato in auto in compagnia di Francesco Tripodi (cl.’94), congiunto di Salvatore Tripodi. In data 1 marzo 2012 – secondo quanto riferito in aula dal maresciallo Cirillo – Leonardo Francesco Moscato è stato invece notato in un bar di Vibo Valentia in compagnia di Marco Tripodi, Gaetano Cascasi e Francesco Tripodi. In altra occasione, infine, Leonardo Francesco Moscato è stato notato dai carabinieri in compagnia di Francesco Tripodi e del vibonese Cristiano Primerano. Sull’attività di cattura del latitante Salvatore Tripodi – fratello più piccolo di Nicola, Antonio e Sante Mario Tripodi, tutti e tre condannati per associazione mafiosa nel processo nato dall’operazione antimafia “Lybra” – ha infine deposto anche il carabiniere Santo Lico in servizio alla Stazione di Zungri. Prossima udienza  il 16 marzo.

Omicidio Patania: processo per mandanti ed esecutori materiali. Moscato in abbreviato (LEGGI QUI)

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Ha sessant’anni e gioca in una squadra di ventenni: il record di “nonno” Moscato

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Il portiere della Vazzanese è un esempio di longevità calcistica. Al mattino fa il collaboratore scolastico, di pomeriggio si divide tra i campi di calcio e quelli di tennis

Sessant’anni e nessuna voglia di ritirarsi. Enzo Moscato è un esempio di longevità calcistica. La sua passione per lo sport non conosce proprio età. Al mattino fa il collaboratore scolastico al Liceo Scientifico di Vibo Valentia, al pomeriggio torna nella sua Vazzano, veste i panni di portiere e difende i pali della squadra del suo paese, la Vazzanese, seconda in classifica nel girone G di Terza categoria appena dietro al Tropea ed ancora in corsa per la promozione.

Portiere e tennista. Aveva provato ad appendere le scarpe al chiodo, Moscato. Fino allo scorso novembre svolgeva il ruolo di preparatore dei portieri del Filogaso. Evidentemente la voglia di stare in campo era troppa e così il sessantenne estremo difensore vazzanese ha rimesso i guanti ed è tornato tra i pali. Calciatore, ma anche tennista perché Moscato ci sa fare anche con la racchetta. Nel recente passato ha anche vinto un torneo ufficiale a Catanzaro e qualche tempo fa ha persino preso parte ad un Master ad Otranto incrociando un grande del tennis italiano come Diego Nargiso. Tesserato con il Tennis Club Sant’Onofrio ha giocato la Coppa Italia con buoni risultati insieme ad altri suoi coetanei, primo fra tutti Onofrio Fusca, anche lui portiere, ma ex.

In tv. A Vazzano, Moscato ha fondato una scuola di tennis con diversi allievi ai quali sta provando a trasmettere la sua passione per lo sport. Di lui si è occupato proprio in questi giorni la fortunata trasmissione di La7 “Tagada” che ad Enzo Moscato ha dedicato persino un servizio televisivo andando a trovarlo a Vazzano. Non poteva passare d’altronde inosservato un sessantenne che gioca in una squadra di ventenni e trentenni.

Longevità calcistica. “Ci sentiamo sicuri con lui tra i pali”: affermano i calciatori della Vazzanese. “Moscato – ricorda invece il sindaco di Vazzano Domenico Villì – aveva venti anni quando ha iniziato a giocare per questa società”. Alla base di una longevità calcistica da primato c’è una corretta alimentazione e, soprattutto, la passione per il calcio ed il tennis in particolare. “Mi alleno – spiega Moscato – almeno tre volte a settimana e lo faccio ogni giorno con grande entusiasmo. Riesco a tenermi in forma grazie ad uno stile di vita sano e corretto. A tavola riesco a limitarmi: un primo e la frutta a pranzo, solo proteine a cena. Un consiglio? Tanto movimento e attenzione alla tavola”.

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‘Ndrangheta: latitanza di Salvatore Tripodi, chieste due condanne

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Vibo Marina omicidio Scrugli
Il collaboratore di giustizia ha raccontato in Corte d’Assise a Catanzaro, nell’ambito del processo “Gringia”, quanto accadde la sera del 21 marzo 2012 a Vibo Marina E’ il 21 marzo del 2012: in una palazzina del quartiere Pennello a Vibo Marina viene assassinato Francesco Scrugli. Un omicidio “eccellente” compiuto nell’ambito della faida tra i Piscopisani e … Continua la lettura di ESCLUSIVO | Le rivelazioni del pentito Moscato: “Così hanno ucciso Francesco Scrugli” (AUDIO)

Volevano far saltare in aria il pentito Moscato: condannati a otto anni carcere

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